Giardini d’inverno by Paola Baratto

Giardini d’inverno by Paola Baratto

autore:Paola Baratto [Baratto, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Manni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Madame nel metró

La prima volta che comparve nel quartiere, spazzava il marciapiede con l’orlo dell’abito di seta avorio, tra le merde dei cani e le foglie arse dei platani.

Camminando, trascinava dietro di sé come un fruscio di vento e di bisbigli stupefatti. L’andatura composta, lo sguardo chiaro e remoto sotto il merletto dorato del cappellino, passava davanti ai negozi senza prestarvi attenzione, senza far caso ai commenti che scatenava oltre gli usci.

Qualcuno azzardò che si trattasse di cinema, qualcun altro di pubblicità. Ciò ch’è banale ha l’unico merito d’essere rassicurante.

Il giorno seguente, tuttavia, era ancora sul viale, alla stessa ora di metà mattina, col medesimo vestito di seta dal collo alto, il cappellino color oro vecchio. Come se fosse sgusciata da una cartolina seppiata degli inizi del Novecento. Chi si trovava a passare nella via principale la vide svoltare l’angolo e superare i cassonetti della differenziata, la vetrina del negozio di cartucce per stampanti, il plateatico del bar, dove un paio di clienti la immortalarono col cellulare e all’interno del locale un altro, in punta di sgabello, staccò gli occhi, per un secondo, dallo schermo del videopoker.

Qualcuno bofonchiò un “Non dovrebbero lasciarla andare in giro conciata in quel modo”, covando la velenosa speranza che potesse essere considerata una violazione.

Il terzo giorno la giovane donna teneva per il manico una valigetta cilindrica e indossava uno spolverino lungo fin quasi all’orlo del vestito, sotto il quale muoveva spedita gli stivaletti coi bottoncini sul fianco.

Il cielo sbiadiva, sciogliendosi in pioggia silenziosa e costante, infradiciando le foglie che nessuno si curava più di spazzare.

In un punto, dove il marciapiede si restringeva per l’ingombro del plateatico e degli avventori che chiacchieravano riparati sotto il cornicione spiovente, l’ombrellino smerlettato color crème incrociò quello di Oliviero, rosso e bianco, imbandierato dal logo d’una bibita. L’uomo si fece da parte e, dando la precedenza alla giovane signora, con studiata cerimoniosità disse:

«Madame».

Oliviero si riteneva dotato d’umorismo e non c’era frase uscita dalla sua bocca che non avesse velleità di scherno. Un umorismo a buon mercato, che attingeva da un generico disprezzo per ciò che non comprendeva e che quindi colpiva cose e persone senza selezione alcuna. Gli bastavano gli spiccioli di qualche risata per sentirsi ripagato e fiero di sé. Ma nemmeno uno schizzo di quella spiritosaggine sembrò colpire la donna, la quale ringraziò con un cenno del capo. Talmente misurato che nessuno se ne accorse.

I perdigiorno fuori dal bar, invece, giudicarono la boutade all’altezza della fama di Oliviero. E da quel momento la chiamarono Madame.

Nei giorni successivi qualcuno la vide uscire di casa, qualcun altro la seguì. E dopo una settimana, tutti sapevano che non era di quella città e che viveva ospite d’una parente, una vedova molto anziana, che abitava in una diafana villetta quasi in periferia.

Faceva la modista e proponeva le sue creazioni a negozi per spose e alle sparute sartorie sopravvissute all’ondata cinese. Il ragazzo che consegnava il pane le era andato dietro e aveva raccontato che una volta l’aveva vista salire sulla metropolitana ed



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